L'articolo FRANCESCO VEZZOLI. C-CUT HOMO AB HOMINE NATUS proviene da emanuelabernascone.com.
]]>1 novembre 2018 – 12 gennaio 2019
C-CUT – Homo Ab Homine Natus è la terza personale di Francesco Vezzoli presso la Galleria Franco Noero,
per la prima volta ospitata negli spazi di Piazza Carignano 2.
L’opera che da il titolo alla mostra porta alle estreme conseguenze la pratica adottata da Vezzoli fin dall’inizio della sua produzione scultorea: un’estetica del pastiche che si realizza attraverso l’unione arbitraria, basata però su criteri storici inconfutabili, di elementi diversi e apparentemente lontani fra loro.
Uno stile che trova il suo fondamento nella reinvenzione dell’abitudine diffusa in epoca romana di copiare le opere greche più antiche, senza effettuare una distinzione di valore tra originale e copia – al punto che spesso gli adattamenti venivano realizzati in maniera assai libera, inserendo elementi e dettagli legati alla realtà in cui vivevano l’autore della copia e il suo committente.
Una pratica che, sebbene in altra forma, caratterizza anche l’epoca rinascimentale e barocca, quando gli scultori, spesso anche i più noti, venivano chiamati a “completare” gli originali romani rinvenuti frammentati o lacunosi di alcune parti.
L’opera C-CUT è realizzata a partire da una tipica scultura da giardino in cemento del XX secolo, che
rappresenta un milite romano; sulla schiena di questo finto antico compare un “taglio” in bronzo, rimando iconografico ai ‘Concetti Spaziali’ di Lucio Fontana, dal quale fuoriesce una testa virile marmorea originale del periodo tardo repubblicano (circa 50 AC – 37 DC).
Mentre la scultura gira su sé stessa come un inquietante carillon, lo spettatore è chiamato ad assistere ad un atto del tutto eccezionale: un parto “sovrumano” in cui un uomo viene alla luce squarciando violentemente la schiena di un altro uomo.
L’allestimento ideato da Filippo Bisagni coinvolge l’intero spazio della galleria ed è concepito come un percorso che prepara e congeda lo spettatore prima e dopo la visione della scultura: l’atmosfera che connota le stanze completamente vuote rimandano all’immaginario di certo cinema horror italiano degli anni ’70, spesso debitore della mitologia che lega la città di Torino all’occulto; la colonna sonora di Wendy Carlos esaspera un clima in bilico tra l’elemento orrorifico e il divertissement puerile.
Francesco Vezzoli (Brescia, 1971). Attualmente vive e lavora a Milano. Le sue opere sono state selezionate per prendere parte alle edizioni della 49a, 51a e 52a Biennale Arte di Venezia tenutesi rispettivamente nel 2001, 2005 e 2007, e alla Biennale di Architettura 2014. Le sue opere sono state presentate anche in altre mostre internazionali come la Whitney Biennial 2006, la 26a Biennale di San Paolo, la sesta Biennale Internazionale di Istanbul e Performa (2007 e 2015).
Ha anche realizzato mostre personali in tutto il mondo in istituzioni quali il New Museum of Contemporary Art di New York; Tate Modern, Londra; MOCA, Los Angeles; MOMA PS1 a New York; MAXXI, Museo Nazionale delle Arti del XXI sec, Roma; Moderna Museet, Stoccolma; Kunsthalle, Wien; Pinakothek der Moderne, Monaco di Baviera; Museo Ludwig, Colonia; The Garage CCC, Mosca; The Power Plant, Toronto; Jeu de Paume, Parigi; Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Torino; Museo Serralves, Porto; Fondazione Prada, Milano; Le Consortium, Digione; Fondazione Museion a Bolzano e NMNM-Nouveau Musée National de Monaco.
Il suo lavoro è stato inoltre esposto, tra gli altri, al: Solomon R. Guggenheim Museum di New York, il Metropolitan Museum of Art di New York, la Whitechapel Art Gallery di Londra, il Grand Palais di Parigi, il Museo del Novecento a Milano, Palazzo Grassi – François Pinault Foundation a Venezia, Fabric Workshop e Museum di Philadelphia, Witte de With Centre for Contemporary Art di Rotterdam, Museo Migros di Zurigo, Neues Museum di Weimer, Pirelli Hangar Bicocca di Milano e Musée National Picasso di Parigi.
Il suo lavoro è stato recentemente incluso nella collezione del Centre Pompidou a Parigi.
Piazza Carignano 2, 10123 Torino
Martedì – sabato 12.00 – 20.00
www.franconoero.com
L'articolo FRANCESCO VEZZOLI. C-CUT HOMO AB HOMINE NATUS proviene da emanuelabernascone.com.
]]>L'articolo DARA FRIEDMAN. L☿VER proviene da emanuelabernascone.com.
]]>L☿VER
30 ottobre 2018 – 26 febbraio 2019
 
La Galleria Franco Noero è felice di presentare L☿ver, la prima personale di Dara Friedman a Torino, ospitata nello spazio ‘In Residence’ di Via Mottalciata.
 Nella sua pratica artistica Dara Friedman utilizza suoni e immagini di tutti i giorni quale materiale di lavoro per le sue opere cinematografiche. Allieva del famoso regista austriaco Peter Kubelka, Friedman mette in scena le tendenze del cinema sperimentale del XX secolo in cui il medium viene ridotto alle sue caratteristiche più essenziali.
Al posto di trame lineari, i suoi films in genere ritraggono gesti e situazioni semplici che si svolgono secondo regole e linee guida predeterminate. Nonostante la rigida logica e disciplina di Friedman, il suo approccio rimane sfacciatamente sensuale ed emotivo. Con un ricco immaginario e una forte enfasi sull’esperienza corporea, i suoi films generano momenti di forte intensità catartica che si alternano a interludi sereni, persino euforici. Negli ultimi anni Friedman ha esplorato sempre di più i confini tra pubblico e privato, lavorando con musicisti, ballerini, attori e altri soggetti, selezionati attraverso audizioni. Queste collaborazioni sperimentali combaciano con lo sforzo di lunga data dell’artista di usare il suo lavoro come mezzo per generare empatia, nel tentativo di abbattere le barriere che separano lo spettatore dal soggetto, l’artista dal pubblico, il sé dal resto.
L☿ver è il nuovo film dell’artista realizzato appositamente per la mostra torinese: L☿ver crea una sinestesia, un’esperienza che introduce alla potente visione di un ur-mensch: una donna fallica.
 L’artista medita sulle note iniziali della partitura di flauto del “Preludio al pomeriggio d’un fauno” di Claude Debussy, rielaborato strumentalmente in modo che il flauto si riveli come oggetto, che incarni sia qualità maschili che femminili e che diventi un mezzo di potere sciamanico: una bacchetta magica che si impugna e in cui si soffia, dotata di un condotto vuoto, un passaggio fisico per un vento vibrante, un vento di trasformazione.
Poema empirico, L☿ver si avvale di uno spettro non oggettivo di campi di colore che mira a dissolvere la materialità delle immagini – la donna che procede ad ampie falcate, un uomo che danza in una cucina, il flauto e le caverne di pietra rossa suscitano al contempo sensazioni di permanenza e caducità.
Dara Friedman è nata nel 1968 a Bad Kreunznach, Germania. Dara Friedman attualmente vive e lavora a Miami. Il suo lavoro è stato recentemente oggetto di un’ampia retrospettiva, Dara Friedman: Perfect Stranger, presso il PAMM Perez Art Museum Miami, per la quale è stato realizzato un catalogo ragionato distribuito da Prestel.Tra le sue mostre personali istituzionali ricordiamo: Aspen Art Museum (2017), Portikus, Francoforte (2017); Museum of Contemporary Art Detroit, Detroit (2014); Hammer Museum, Los Angeles (2013); Centre for Contemporary Art Ujazdowski Castle, Varsavia, Polonia (2013); The Kitchen, New York (2005); Kunstmuseum, Thun Svizzera; Museum of Contemporary Art, Los Angeles (2002). Tra le mostre colletttive: Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Washington, DC (2013); MoMA PS1 Long Island City, New York; Whitney Museum of American Art, New York (2010); Schirn Kunsthalle Francoforte; Museum of Contemporary Art, Los Angeles, New Museum of Contemporary Art New York (2002). Friedman è stata premiata al Roma Prize nel 2000.
L'articolo DARA FRIEDMAN. L☿VER proviene da emanuelabernascone.com.
]]>L'articolo RAYYANE TABET. HIDDEN IN PLAIN SIGHT proviene da emanuelabernascone.com.
]]>HIDDEN IN PLAIN SIGHT
30 ottobre 2018 – 26 febbraio 2019
La Galleria Franco Noero è felice di presentare HIDDEN IN PLAIN SIGHT, la prima mostra personale di Rayyane Tabet a Torino nello spazio di via Mottalciata. Per l’occasione Tabet ha realizzato un gruppo di sei opere nuove in cui accidentalmente si intrecciano le storie di un bar di Beirut, di una marca di birra poco conosciuta, di una fonderia a Torino, di un carattere diseg- nato nel 1934, di una serie di romanzi erotici e del più grande blocco di marmo che sia mai stato estratto a mano.
Il lavoro di Rayyane Tabet muove da oggetti e storie – spesso di natura personale – per addentrarsi in seguito in memorie e narrazioni a sé stanti. Influenzata dagli studi in architettura, l’opera di Tabet fa da contrappunto a quanto raccontato ufficial- mente, dando spunto a una lettura soggettiva di eventi storico-sociali tra i più rilevanti. Radicate in esperienza e ricerca diretta, le opere di Tabet fanno spesso uso di forme essenziali e minimaliste in modo da rivelare il potenziale che gli oggetti hanno di raccontare la propria storia.
Still life with neon, fridge and beer è un’installazione composta da una replica in scala 1:1 dell’insegna al neon “Torino Express” – un bar di Beirut il cui nome riporta ad un treno diretto a Torino – e di un frigorifero pieno di birre “Al Arz”. La marca è quella di una birra distribuita in Europa nei ristoranti, di dichiarata origine libanese ma che non si produce né si vende in quel paese. L’installazione descrive le caratteristiche di un bar “impossibile” in cui i due oggetti si incontrano e si attivano.
Arabic for all è un disegno murale basato su un foglio dimostrativo di un carattere chiamato Arabo Stretto, disegnato nel 1977 alla Fonderia Nebiolo di Torino subito dopo l’acquisizione della stessa da parte della FIAT, nel tentativo di aprirsi ai mercati emergenti del mondo arabo. Non conoscendo la lingua araba, il disegnatore del foglio dimostrativo lo ha realizzato mettendo i carartteri in sequenza casuale, senza nessun senso compiuto. Non ci furono ordini per il font e poco dopo la società dichiarò bancarotta. Arabic for all riporta il testo di prova senza alcun significato, traducendo le forme di un carattere mai realizzato, di una società chiusa da tempo, in un dipinto a parete di grande scala.
Road Trip è un’installazione composta da una poderosa sequenza di cartoline; costruita in un ambiente di grandi dimensioni, in essa si ripercorre la storia di un diverso carattere realizzato dalla Fonderia Nebiolo di Torino. Il Veltro è un font disegnato nel 1934, soprannominato Mussolini dagli stampatori dell’epoca per la somiglianza della sua M maiuscola con quella della firma del Duce. Rimarcabilmente il Veltro è stato per almeno trent’anni il carattere più utilizzato per le cartoline da viaggio prodotte in Italia. Negli ultimi anni Tabet ha collezionato un cospicuo numero di cartoline stampate con questo carattere. Road Trip trasforma la stanza centrale della galleria in un grande fregio narrativo tramite l’uso di un migliaio di queste cartoline, ordinate in sequenza tracciando le tappe di un viaggio ideale da Baalbeck in Libano fino a Piazza Carignano a Torino, attraversando tutte le venti regioni italiane.
A seguito del declino della stampa a caratteri mobili molte fonderie hanno venduto le loro attrezzature. Macchine e caratteri sono oggi parte degli archivi di tipografie specializzate. Veltro è un lavoro composto da una pila di posters da potersi portare via, realizzati impiegando un’intera polizza del carattere originale Veltro preso in prestito da uno studio grafico di Bologna – “Anonima Impressori” – e stampati da “Archivio Tipografico”, stampatore a caretteri mobili a Torino.
A Short History of Lebanon è una libreria appositamente disegnata per contenere tutti i 200 volumi dei romanzi SAS, una serie di racconti erotici “pulp” scritti tra il 1965 e il 2013 da Gérard de Villiers. A parte certe peculiarità – ad esempio che ognuno dei libri ha in copertina una donna con in mano una pistola – tutti i romanzi della serie contengono informazioni militari e civili assolutamente vere, delle quali de Villiers era a conoscenza dato il suo lavoro di giornalista. Si tratta quindi di opere di fan- tasia narrativa basate su accadimenti reali. Sei dei 200 racconti sono ambientati in Libano e furono pubblicati prima o subito dopo alcuni momenti rilevanti nella storia del paese. Per questo motivo queste storie offrono un modo alternativo di scrivere la storia del Libano, paese che invece dal momento della sua indipendenza nel 1946 non ha mai avuto un testo comunemente accettatto su di essa.
What Goes Around Comes Around, What Goes Up Must Come Down è un collage di cartoline trovate che ritraggono l’Obelisco Mussolini al Foro Italico. L’obelisco è stato realizzato con il più grande blocco di marmo di Carrara che sia mai stato cavato a mano, è alto 17 metri e pesa più di 300 tonnellate. Come suggerito dal titolo, questo lavoro termina la mostra ma allo stesso tempo ne rappresenta anche il punto di partenza, descrivendo letteralmente un cerchio che si chiude. Qualche tempo fa Tabet fu incuriosito da un articolo scritto negli anni ‘70 che gli è rimasto impresso: nell’articolo ci si chiedeva come grandi blocchi di pietra fossero stati posizionati nel corso della costruzione del tempio romano di Baalbeck, mettendo tutto questo in parallelo con I 72 buoi che erano stati impiegati a Carrara per movimentare il blocco di marmo. Dal momento in cui Tabet ha iniziato la sua ricerca scarti e rimandi tra Italia e Libano hanno continuato a susseguirsi.
Rayyane Tabet (1983, Achkout, Libano) è un artista che vive e lavora a Beirut. Il suo lavoro è stato parte di Manifesta 12 (2018), della 21esima Biennale di Sydney (2018), della 15esima Biennale di Istanbul (2017), della 32esima Biennale di San Paolo (2016) della sesta Biennale di Marrakech (2016), della dodicesima e decima Biennale di Sharjah (2015 e 2011) e della seconda New Museum Triennial (2012). Esposizioni personali gli sono state dedicate alla Kunstverein Hamburg, daadgalerie a Berlino, Witte de With Center of Contemporary Art a Rotterdam, Fondazione Antonio dalle Nogare a Bolzano, Museo Marino Marini a Firenze e TROUW ad Amsterdam. Nel 2019 sono in programma mostre personali presso Carré D’Art a Nimes, Para- sol Unit a Londra e al Metropolitan Museum of Art a New York.
Galleria Franco Noero
Via Mottalciata 10b Torino
martedì – venerdì 11-19
lunedì e sabato 15-19
L'articolo RAYYANE TABET. HIDDEN IN PLAIN SIGHT proviene da emanuelabernascone.com.
]]>L'articolo FLASHBACK VI proviene da emanuelabernascone.com.
]]>La VI edizione, di flashback approda su ‘le rive’ del Pala Alpitour di Torino il 1 novembre rivelando le novità di quest’anno: tra le gallerie, tante conferme, graditi ritorni e ‘new entries’; un programma ricco e articolato che comprende lo special project Opera Viva di Alessandro Bulgini, le flashback exhibition – il live painting di Francesco Valeri e le opere di Tony Matelli -, i flashback sound che vanno dalla performance sonora ai mixing sound, passando per l’art lounge room, i flashback lab di Mariachiara Guerra, i numerosi flashback talk, le art class e la sezione flashback video con un’installazione ad altissima definizione di Quayola.
Il filo conduttore di flashback 2018 è mutuato dal libro di fantascienza di Chad Oliver Le rive di un altro mare che racconta di rapporti tra realtà differenti e in continua ridefinizione, un dialogo tra diverse forme di civiltà, diversi mondi. E così anche le opere d’arte presenti in fiera sono l’emblema dell’idea di mixité culturale e temporale come attitudine antropologica, tipica dell’approccio di flashback, e la conferma del claim che da sempre accompagna la fiera ovvero l’arte è tutta contemporanea.
Le gallerie che quest’anno hanno condiviso la proposta delle direttrici Stefania Poddighe e Ginevra Pucci sono Aleandri Arte Moderna, Roma (I) – W. Apolloni, Roma (I) – Arcuti Fine Art, Roma (I) – Benappi Arte Antica e Moderna, Torino (I) – Biasutti & Biasutti, Torino (I) – Maurizio Candiani, San Mauro Torinese TO (I) – Galleria Luigi Caretto, Torino (I), Madrid (E) – Caretto & Occhinegro, Torino (I) – Mirco Cattai Fine Art & Antique Rugs, Milano (I) – Cecchetto e Prior Alto Antiquariato, Asolo TV, Castelfranco Veneto TV (I) – Ceci Antichità, Serramazzoni MO (I) – Glenda Cinquegrana Art Consulting, Milano (I) – Copetti Antiquari, Udine (I) – Galleria Del Ponte, Torino (I) – F & F Antichità, Perugia (I) – Enrico Frascione, Firenze (I) – Frascione Arte, Firenze (I) – Galleria dello Scudo, Verona (I) – Galleria Giamblanco, Torino (I) – Gilistra Japanese Art, Torino (I) – Galleria del Laocoonte, Roma (I) – Il Cartiglio, Torino (I) – Il Castello, Milano (I) – Cesare Lampronti, Londra (UK), Roma (I) – Maison d’Art, Monaco (MC) – Gallerie Maspes, Milano (I) – Mazzoleni, Londra (UK), Torino (I) – MB Arte Libri, Milano (I) – Il Mercante delle Venezie, Vicenza (I) – Lorenzo e Paola Monticone Gioielli d’epoca, Torino (I) – Moretti Fine Art, Londra (UK), Monaco (MC), Firenze (I) – Galleria Mossini, Mantova (I) – Open Art, Prato (I) – Pegaso, Giussago PV (I) – Flavio Pozzallo, Oulx TO (I) – Galleria Allegra Ravizza, Lugano (CH), Honolulu HI (USA) – Galleria d’Arte Roccatre, Torino (I) – Galleria Russo, Roma (I) – Schreiber Collezioni, Torino (I) – Secol-Art di Masoero, Torino (I) – Galleria Silva, Milano (I) – Gian Enzo Sperone, Sent (CH), New York (USA) – Società di Belle Arti, Viareggio LU (I) – Galleria Torbandena, Trieste (I) – Tornabuoni Arte, Firenze, Milano, Forte dei Marmi LU (I), Parigi (F), Londra (UK) – Untitled Association, Roma (I).
Le opere di flashback 2018 rappresentano la reale possibilità di convivenza e mescolanza di stili, epoche e culture. Opere come Teseo Che Uccide Il Minotauro, una pelika attica del V secolo a.c. della galleria Maurizio Candiani o la Coppia di versatoi a guisa di oca, dinastia Han occidentali (206 a. C. – 9 d.C.), di Schreiber Collezioni, fino ai lavori dell’artista ungherese Hopp-Halasz degli anni ‘70 o le sculture di Luigi Ontani che raffigurano l’incontro/scontro tra diversi e l’incanto dell’eterogeneità. Segnaliamo nell’insieme espositivo alcune tra le opere dedicate al mare, all’acqua, al viaggio, dunque particolarmente affini al tema di quest’anno: il Nauta in piombo di Francesco Somaini, navigatore e marinaio, esposto alla XXX Biennale di Venezia, di Open Art; Xe-Hal, il volo del gabbiano, simbolo del sacrificio e del viaggio alla ricerca della conoscenza, di Piero Gilardi della galleria Biasutti & Biasutti; l’aura romantica e le suggestioni cromatiche del vedutismo settecentesco di Francesco Fidanza nella Scena di pescatori in un porto mediterraneo di Maison d’Art. Il sensazionale Senza Titolo di Alberto Savinio del 1930 della galleria Mazzoleni che ci mostra l’approdo su Le rive di un altro mare (il viaggio, e in particolare il mito degli argonauti, è infatti un tema caro a Savinio: 50 eroi sotto la guida di Giasone compiono un avventuroso viaggio a bordo della nave Argo alla ricerca del vello d’oro, alla scoperta dunque di nuovi mondi e di nuove opportunità). Infine, le donne e l’acqua: la Venere anadiomene II nascente dal mare di Carlo Carrà della Galleria dello Scudoe la scultura raffigurante La Temperanza impegnata nello scambio delle acque di Jacopo della Pila (attestato a Napoli tra il 1470 – 1520) di F & F Antichità.
Il format di flashback nasce con la consapevolezza che immagine e contenuti siano gli elementi necessari per strutturare un progetto che rappresenti realmente la contemporaneità di tutta l’arte.
È per questo che, per il secondo anno consecutivo, la progettazione è realizzata da startarch,studio di architetti composto principalmente da under 30 che vuole affermarsi come punto di riferimento per chi vuole ideare e progettare cultura. Flashbackdiventa ispirazione per chi si trova ad affrontare la sfida della ridefinizione e dell’innovazione, facendo dialogare le molteplici realtà che caratterizzano la manifestazione. La dinamicità e la fluidità diventano il fulcro del percorso espositivo permettendo ai visitatori di immergersi in un’altra dimensione, abbattendo il ‘muro’ tra arte e visitatore.
Ed è grazie all’allestimento realizzato da Fast Events, che per il sesto anno consecutivo si è dimostrata un partner tecnico affidabile, che il progetto è approdato su Le rive di un altro mare in sole 36 ore.
I contenuti di flashback vengono divulgati attraverso un racconto innovativo dell’arte storicizzata: il flashback storytelling e le flashback art class, le lezioni di storia dell’arte ‘tutta contemporanea’ che indagano l’opera in un orizzonte atemporale, sono gli elementi attraverso i quali modificare il linguaggio e la lettura dell’opera d’arte.
Un cenno particolare meritano le flashback exhibition di Francesco Valeri e Tony Matelli che amplificano il racconto e aprono le porte a un mondo nuovo su Le rive di un altro mare.
In The Wanderer, Hunter and Reverie di Matelli si respira un gioco fatto di impulsi contraddittori, gli stessi impulsi, le stesse paure e la stessa curiosità che scaturiscono dal viaggio alla scoperta dell’altro e dell’altrove. Mentre ne Le rive di un altro mare, in un contesto senza tempo, sospeso e in bilico tra passato e futuro, tra nuovo e antico, due personaggi appartenenti a tradizioni e a identità diverse stabiliscono un contatto, un incontro fatto di strani strumenti: una lampadina infatti fuoriesce dall’orecchio dell’’occidentale’, mentre la mazza-scettro dell’’indigeno’ gli solletica la guancia. In che mondo siamo?
E così, come i naufraghi sopravvissuti su un’isola di sogni, siamo anche noi invitati a dedicarci alle nostre paure, ansie, sentimenti di abbandono, ma anche alla curiosità e al senso del mistero.
Infine i flashback sound, in particolare ADD di Francesca Sandroni – che negli spazi del progetto Opera Viva Barriera di Milano (ideato da Alessandro Bulgini e curato da Christian Caliandro) agisce stratificandosi come atto ludico estemporaneo di contatto e di interazione con l’altro da sé – e l’art lounge roomdi Andrea Vailati Canta – il cui format è quello dei live dai locali caldaie che negli anni ha saputo assumere sempre più spessore e autenticità – in cui la partecipazione attiva cambia la narrazione e il pubblico diventa parte integrante della performance.
Questa edizione conferma dunque tutte le intenzioni con le quali la manifestazione è stata fondata ed è cresciuta; il lavoro costante delle direttrici Stefania Poddighe e Ginevra Pucci che portano avanti un discorso di contemporaneità dell’arte parlando di opere che spaziano tra vari secoli, ha convinto e coinvolto sempre più galleristi offrendo una visione diversa sulla storia dell’arte ma anche sulla storia di oggi; un approccio più versatile e meno rigido che ha permesso a un pubblico sempre più vasto di godere di opere d’arte non più percepite come lontane da sé – per motivi temporali o culturali – ma finalmente ‘vissute’ come esperienza concreta nel qui e ora. Questo sincretismo è ciò che ha permesso a flashback di crescere esponenzialmente negli anni ed è ciò che contraddistingue il progetto, nato all’insegna di una sfida culturale che si rinnova annualmente e che annualmente si ispira alla vita. E dato che quest’anno il tema è la diversità, è dunque interessante approdare insieme su Le rive di un altro mare connettendo in profondità zone temporali diverse: l’antico, il moderno e il contemporaneo nel suo farsi.
flashback 2018, l’arte è tutta contemporanea, sesta edizione, le rive di un altro mare
sede: pala alpitour
ingresso: corso sebastopoli 123 
anteprima stampa:mercoledì 31 ottobre 2018, h. 11 / 13
anteprima: mercoledì 31 ottobre 2018, h. 16 (solo su invito) 
inaugurazione: mercoledì 31 ottobre 2018, h. 18 (solo su invito) 
apertura al pubblico: da giovedì 1 novembre a domenica 4 novembre 2018, h. 11 / 20
biglietti: intero: € 10; ridotto: € 8; riduzioni previste per legge; ridottissimo: € 5, Abbonamento Torino Musei, Abbonamento Musei Lombardia Milano, Torino + Piemonte Contemporary Card, Touring Club Card; gratuito: giovedì 1 novembre Abbonamento Torino Musei, Abbonamento Musei Lombardia Milano, Torino + Piemonte Contemporary Card, Touring Club Card, mef, gratuità previste per legge.
L'articolo FLASHBACK VI proviene da emanuelabernascone.com.
]]>L'articolo ALESSANDRO BULGINI. ACCESSO LIBERO AL MARE proviene da emanuelabernascone.com.
]]>presenta
Alessandro Bulgini
Accesso libero al mare (2018)
17 ottobre – 11 novembre 2018
Piazza Bottesini, Torino
Con il sesto e ultimo manifesto si completa l’edizione 2018 di Opera Viva Barriera di Milano, progetto ideato da Alessandro Bulgini, curato da Christian Caliandroe dedicato quest’anno – come Flashback che lo sostiene – al tema della diversità, della mixité sociale, culturale e temporale.
“L’immagine di Bulgini inquadra un angolo urbano di Barriera di Milano, e una serie di ante di armadio piuttosto malridotte, appoggiate al muro di mattoni: su tre di queste, una scena marina d’antan, con velieri, onde e marinai sulla costa, seduti a chiacchierare e a raccontarsi storie. A tagliare orizzontalmente il manifesto, un nastro rosso (posizionato sulla linea di demarcazione dell’opera viva che caratterizza la ricerca dell’artista, e che dà il titolo all’intero progetto) indica l’accesso libero al mare come diritto fondamentale e inalienabile. Che senso ha segnalarlo proprio in Barriera di Milano a Torino, in un luogo molto molto lontano (fisicamente e spiritualmente) dal mare e dai mari italiani? In questo risiede la diversità che dà il senso a tutta la sequenza di opere e manifesti che ci hanno accompagnato da maggio fin qui. In questo caso, il mare e l’accesso libero a esso diventano una possibilità estrema, la capacità di capovolgere il punto di vista e di ricreare una realtà laddove esistono solo indicazioni, semi, potenzialità, immaginazioni: che è poi il significato dell’arte di ogni epoca. Così un’anta, una semplice anta può diventare in un istante una finestra aperta su un altro mondo, su un’altra dimensione.” C. Caliandro.
Bulgini ci regala una porta di accesso al mare e dal mare, un mare liberato, un passaggio verso l’altrove. L’Opera viva, la linea di galleggiamento delle barche, il nastro rosso, è la demarcazione, il confine che ci divide da ciò che vive in un altro luogo e in altro tempo. Il passaggio verso la libertà implica il superamento della barriera per conquistare il nostro accesso al mare.
L’opera è viva dunque nella sua parte meno accessibile, una parte che va indagata volontariamente lanciando lo sguardo oltre l’orizzonte. È lì che vive l’opera e che la vita si dispiega, lì dove si mescolano le carte, sulle rive di un altro mare, dove i marinai raccontano e le storie si confondono, dove il tempo e le differenze sono sospese ma l’accesso al mare sa di libertà.
OPERA VIVA BARRIERA DI MILANO
Un progetto di Alessandro Bulgini
A cura di Christian Caliandro
Rotatoria di piazza Bottesini – Torino
6° artista – Alessandro – 17 ottobre – 11 novembre 201
L'articolo ALESSANDRO BULGINI. ACCESSO LIBERO AL MARE proviene da emanuelabernascone.com.
]]>L'articolo SEBASTIANO DAMMONE SESSA. TRAIETTORIE proviene da emanuelabernascone.com.
]]>TRAIETTORIE
20 settembre – 10 novembre 2018
Luce gallery, Torino
Il lavoro di Sebastiano Dammone Sessa, incentrato in prevalenza sulla stratificazione di materiali, tocca radici profonde, sensazioni, disagi, impronte che portano il significato del passaggio: le figure appaiono man mano che l’artista svolge il suo lavoro di inserimento di chiodi nella tavola, a volte più incisive a volte meno. Se ne ricavano quasi delle mappe o dei percorsi che, con il singolo laborioso procedere dell’aggiunta di ogni chiodo, scandito dal rumore del martello, ripercorrono vita vissuta o ricordi, come ad incidere ogni anfratto nella roccia scavata dal vento, una scultura che viene forgiata dall’artista invisibilmente all’interno della tavola.
Si tratta di un lavoro che richiama la tradizione artistica italiana, con forme aggraziate nella quali angoli del supporto sono ammorbiditi attraverso un processo di levigatura che ricompare sistematicamente nell’opera. I colori usati sono volutamente neutri, di un beige antico che allo stesso tempo scandisce una presenza, ovvero quel che delinea il gioco tra la luce e la superficie dei lavori dell’artista. Si tratta di un percorso che si snoda tra la classicità delle radici dei materiali usati ed il risultato finale, anch’esso improntato a forme neoclassiche. L’uso della ruggine su carta è portatore di vecchi ricordi – il tempo che corrode e consuma il ferro fino a trasformarlo – si tratta nuovamente di tracce o percorsi che non vengono pienamente controllati dall’artista, il quale si affida al destino del materiale usato. Tracce che si autoalimentano e che si fanno forza raggruppandosi. Nel lavoro di Sebastiano Dammone Sessa tutti i sensi sono coinvolti, persino il tatto degli aculei conficcati ed il rumore assordante del chiodo che perfora la tavola di legno. Una volta creato, il lavoro dell’artista giace sordo ma porta dentro tutto quanto, e chi ammira l’opera rimane conscio del processo meticoloso usato dall’artista per immergersi nel lavoro. I chiodi vengono piantati ad uno ad uno, con sofferenza e meraviglia ed ognuno rappresenta un punto, un momento, il singolo elemento. “Traiettorie” è la prima mostra personale in galleria di Sebastiano Dammone Sessa, artista italiano, nato a Montreux nel 1981, e che vive e lavora a Cenadi, in provincia di Catanzaro.
LUCE GALLERY
Largo Montebello 40, 10124 Torino
T. +39 01118890206
www.lucegallery.com // [email protected]
Orari galleria: dal martedì al venerdì 15.30 – 19.30
L'articolo SEBASTIANO DAMMONE SESSA. TRAIETTORIE proviene da emanuelabernascone.com.
]]>L'articolo DAVIDE BALLIANO. BUILDING BODY proviene da emanuelabernascone.com.
]]>BUILDING BODY
MARCA, Museo delle Arti Catanzaro
15 settembre – 11 novembre 2018
Il MARCA, Museo delle Arti della città di Catanzaro, è lieto di annunciare Building Body, la prima mostra personale istituzionale dell’artista Davide Balliano in Italia, realizzata in collaborazione con la galleria Luce Gallery di Torino, la Fondazione Rocco Guglielmo e l’Amministrazione Provinciale di Catanzaro.
Durante l’inaugurazione della mostra, sabato 15 settembre 2018, verrà presentata inoltre la monografia dell’artista, pubblicata in occasione dell’esposizione.
La procedura di composizione pittorica di Balliano a gesso nero e stucco articola forme geometriche variabili – archi dimezzati, spirali, dettagli architettonici barocchi e modernisti – su molteplici strati di diversi materiali. La parte grafica del suo lavoro è una forma di scrittura preliminare sottoposta durante le fasi di composizione a una progressiva alterazione, che agisce mediante la parziale erosione dei margini delle geometrie, l’irruzione di sgocciolature, graffi e dettagli irregolari. E’ un processo che sottomette la forma bidimensionale del quadro a un’alterazione entropica, aprendola a una molteplicità di mutazioni e soluzioni espressive. Uno degli esiti di tale prassi di disordine controllato è sospingere la pittura di Balliano verso spazialità ibride e multidimensionali, non registrabili nei confini delle due dimensioni. Sin dall’uso del materiale di partenza, tavole di legno invece di tele, le sue opere sembrano formalmente resistere non solo al canone novecentesco della flatness, ma anche all’identificazione con una dimensione univoca e letterale di pittura. Il superamento di una rigida classificazione nei termini di base per altezza inaugura infatti una dimensione spaziale che converge su di sé una molteplicità di elementi, plastici e materici, dando forma a un’esperienza non limitata alla sola percezione visiva. In Balliano opera la consapevolezza di una rinuncia a un’interpretazione strettamente razionalista della pittura ed in questo distacco si comprende la sua lontananza dalla fede nei principi della letteralità propria della grammatica del modernismo astratto del ventesimo secolo. E’ la matrice genetica della sua pittura a ricercare allusioni tridimensionali, mediante irregolarità, stesure di colore molteplici e stratificazioni di materiali eterogenei. Due elementi sintattici dominano così la sua azione pittorica, l’impostazione formale e la sua dissoluzione, il canone del modello geometrico e la sua negazione, come un’eresia che annulli ogni volta daccapo la possibilità di giungere a un dogma definitivo. Ogni tavola di Balliano è una dimensione in divenire, un campo di azione dove l’artista interviene istruendo un processo creativo che si allontana il più possibile dall’ipotesi di un formalismo geometrico per fare irrompere uno spazio di trasformazione. Le opere dell’artista sono un tentativo di mediazione con l’entropia che determina ogni ambito dell’esperienza umana e naturale. Ciascuna di esse apre a scenari percettivi variabili, in alternanza tra forme predefinite e loro imperfezioni, superfici nitide e abrasioni. Le opere esito di questa evoluzione diventano sintesi di possibilità tattili e riferimenti architettonici, dimostrando come la pittura di matrice non figurativa non si sottragga all’elaborazione del reale ma sia esito di un più intenso confronto con i suoi dati.
Davide Balliano, nato a Torino nel 1983, vive e lavora a New York.
Tra le sue mostre personali ricordiamo: Luce Gallery, Torino (2017 e 2015); Tina Kim Gallery, New York (2017); 38 Great Jones (curata da Ugo Rondinone), New York (2017); Timothy Taylor Gallery, Londra (2015); Galerie Rolando Anselmi, Berlino (2014); Room East, New York (2014); Galerie Michael Rein, Parigi (2013); MoMA PS 1, New York (2010).
Il suo lavoro è stato incluso in numerose mostre collettive, tra cui “Face to Face” (curata da Eugenio Viola), Palazzo Fruscione, Salerno (2015); “826NYC”, David Zwirner, New York (2015); Sean Kelly Gallery, New York (2014 e 2010); Museo Madre, Napoli (2012); The Watermill Centre, New York (2011); The Quadrilateral Biennial, Rijeka (2011); The Tate Modern, London (2010); Espace D’Art Contemporain de Castello, Castellon (2010).
Inaugurazione: 15 settembre 2018 ore 19
Conferenza stampa: ore 18.30, sala panoramica museo
Museo MARCA
 Via Alessandro Turco, 63
 88100 Catanzaro
 Tel. +39. 0961. 746797
 www.museomarca.info
[email protected] 
9.30 / 13.00 – 15.30 / 20.00 Lunedì chiuso
L'articolo DAVIDE BALLIANO. BUILDING BODY proviene da emanuelabernascone.com.
]]>L'articolo JIM LAMBIE. TOTALLY WIRED proviene da emanuelabernascone.com.
]]>PROROGATA AL 22 SETTEMBRE 2018
Totally Wired è la quinta personale dell’artista scozzese Jim Lambie presso la Galleria Franco Noero a Torino, la prima ospitata negli spazi di Piazza Carignano 2. Lambie continua la sua ricerca influenzata da una visione lisergica, psichedelica della realtà, un suo rovesciamento tinto di colori vividi e puri in cui oggetti appartenenti al quotidiano, trovati o costruiti dall’artista, creano una propria dimensione al di fuori di essa.
L’esperienza della luce naturale, l’arco che il sole compie nel corso di una giornata, dall’alba al tramonto, e di come questo possa tradursi in una gamma tonale di colori è una delle caratteristiche che informa la realizzazione di alcune serie di nuove opere.
La porta è un elemento che esprime transizione, una soglia che lascia filtrare la luce a seconda della sua apertura, e che allo stesso tempo si traduce in un oggetto archetipico sul quale immaginare un nuovo orizzonte. La sua forma appare sintetica e si riduce a uno snello parallelepipedo dalle specchiature incise, appeso alla parete come un quadro ma proiettato in una terza dimensione. I singoli elementi sono spesso riuniti in gruppi, disposti a una precisa distanza uno dall’altro, in modo tale che all’interno dello spazio da essi individuato si crei un’esperienza del colore tramite campi che si compenetrano a vicenda e che man mano emergono prepotentemente l’uno sull’altro, come nelle sfumature del cielo nel corso della giornata. La percezione del colore sulle superfici varia a seconda del punto da cui le si osservi, di nuovo un’opportunità di mimare gli effetti naturali in un contesto che non lo è affatto e che si pone a metà tra l’idea di astrazione e di appartenenza alla realtà. Pensati come elementi singoli, la loro superficie si ricopre di un solo colore, il grigio grafite del cielo scuro di nuvole, o dell’annottarsi.
Il sole, troppo sfolgorante e dai raggi troppo intensi per essere guardato direttamente, lascia convergere suggestioni lontane nel tempo e nel genere: la tecnica artigianale per la realizzazione di vetrate colorate nel Medioevo si accosta ad elementi molto più umili e recenti come le lenti degli occhiali da sole. In una nuova serie di opere le lenti colorate, incastonate nel metallo con l’identica tecnica delle vetrate gotiche a piombo e unite in una trama organica di trasparenze di colore, costituiscono delle nuove costellazioni che possono essere messe a fuoco anche a occhio nudo.
La qualità surreale di uno spazio immaginario costellato di asteroidi è quella suggerita da pietre scure attraversate da cinture di metallo dai colori sgargianti, rigide e nitide nel dettaglio, che punteggiano le pareti. La loro origine allude a uno scarto linguistico, a uno slittamento di significato in un’espressione nella lingua Inglese in cui le parole si separano e sono citate letteralmente, ‘asteroid belt’, la fascia principale di asteroidi.
All’interno di alcune stanze lo spazio è intersecato da scale che poggiano su plinti, tutte inclinate con la medesima angolazione e fluttuanti, ricoperte, tra i pioli, da specchi che creano un riverbero di riflessi, catturando lo sguardo che corre fino in cima e oltre.
Jim Lambie TOTALLY WIRED
5 giugno – 8 settembre 2018
Piazza Carignano 2, 10123 Torino
Inaugurazione 5 giugno ore 18.30
Martedì – sabato 12.00 – 20.00
www.franconoero.com
L'articolo JIM LAMBIE. TOTALLY WIRED proviene da emanuelabernascone.com.
]]>L'articolo FRANCESCA SANDRONI. -10° MINUTO proviene da emanuelabernascone.com.
]]>presenta
Francesca Sandroni
-10° minuto
12 settembre – 14 ottobre 2018
piazza bottesini, torino
Meno
dieci gradi, il freddo non frena la volontà !!! A 10 minuti dall’inizio il
campo immacolato attende i giocatori. L’incontro tra la cultura introspettiva
nordica e l’ “extro-vertere” della parte più a sud del mondo genera la
possibilità: “una nuova natura”.
Reykjavik 5 aprile
Il quinto manifesto dell’edizione 2018 di Opera Viva Barriera di Milano, progetto ideato da Alessandro Bulgini, curato da Christian Caliandro e dedicato al tema della “diversità” è l’ultima delle tre opere che hanno partecipato quest’anno alla open call e che sono state selezionate dalla giuria composta, oltre che da Bulgini e Caliandro, da Umberto Allemandi, Pietro Gaglianò, Luigi Ratclif e Roxy in the Box: -10° minuto di Francesca Sandroni. Il desolato paesaggio islandese di Reykjavík si apre improvvisamente a una possibilità, rappresentata dal campo da calcio. L’arte crea un intero mondo da un semplice ‘interstizio’. La diversità, dunque, intesa come collasso e insieme incontro di dimensioni diverse e apparentemente inconciliabili: interno e esterno, Nord e Sud, attitudine settentrionale e spirito meridiano. Questa coesione e convivenza – impossibile a prima vista – è in grado di generare un set improbabile e surreale, una situazione aliena che proprio nella sua “differenza” suggerisce un altro modo di esperire e percepire la realtà.
Così come nel caso delle altre due vincitrici della call (Irene Pittatore e Virginia Zanetti), la diversità viene articolata decisamente come inversione del punto di vista: il ruolo e la funzione dell’arte consistono dunque sempre nello spingerci fuori dalla nostra comfort zone verso una zona scomoda e inedita, imprevista, un territorio che forse neanche volevamo raggiungere. Quindi nel reimparare a scegliere consapevolmente la terra incognita – nel ricominciare a esplorare.
Con il Patrocinio di:
REGIONE PIEMONTE
CITTÀ DI TORINO
CIRCOSCRIZIONE 6
OPERA VIVA BARRIERA DI MILANO
Un progetto di Alessandro Bulgini
A cura di Christian Caliandro
Promosso da Flashback, l’arte è tutta contemporanea
V artista: Francesca Sandroni, inaugurazione 12 settembre ore 19
12 settembre – 14 ottobre 2018
L'articolo FRANCESCA SANDRONI. -10° MINUTO proviene da emanuelabernascone.com.
]]>L'articolo ANDI KACZIBA. TURNING (G)OLD proviene da emanuelabernascone.com.
]]>Turning (G)old
a cura di Angela Madesani
Opening martedì 3 luglio 2018, 18.30 – 21
dal 3 luglio al 15 settembre 2018
RAFFAELLA DE CHIRICO ARTE CONTEMPORANEA Torino
Tutto ciò che crediamo di avere soffocato risale alla superficie, dopo un certo tempo: difetti, vizi, ossessioni. Le imperfezioni più evidenti di cui ci eravamo ‘corretti’ ritornano camuffate, ma fastidiose come prima.
Emil Cioran, Il funesto demiurgo, 1969
Il 3 luglio inaugura alla Raffaella De Chirico Arte Contemporanea Turning (G)old, una personale di Andi Kacziba, artista nata nel 1974 in Ungheria, giunta in Italia nel 1997 per lavorare inizialmente come modella, e dedicatasi successivamente alla fotografia. Naturale dunque che la sua ricerca artistica verta su tematiche inerenti l’immagine, la bellezza e l’ossessione della perdita di quest’ultima. Ma solo apparentemente.
La curatrice Angela Madesani, nel testo che accompagna la mostra, sottolinea come le sue opere (in mostra anche al PwC di Milano dal 12 luglio al 15 settembre) suggeriscano un mondo fiabesco, dove trovano spazio tessiture e arcolai, regine cattive che non accettano di invecchiare, specchi magici che rubano l’immagine e lunghe funi che aiutano a ritrovare la retta via. Non a caso uno dei più recenti lavori di Kacziba, qui per la prima volta in mostra, sono una serie di Polaroid che: “Propongono il suo volto sempre nella stessa posizione frontale: ripetizione e differenza“. Impossibile non pensare a Roman Opalka, artista franco-polacco, ai suoi Self Portrait e all’ossessione di documentare il tempo che passa su se stessi. L’artista ha, però, inserito nelle sue rughe una mistura di colla vinavil e oro, affinché i segni del passaggio del tempo siano ancora più evidenti: è una donna, è un’artista ed è spietata. Kacziba conosce bene il mondo legato all’immagine e sa perfettamente come usare il suo bel volto.
Quell’oro colloso per talune opere viene strappato delicatamente dal suo volto, attraverso una maschera, come un affresco, per essere posto su un vetro. È la traccia del tempo, orma, impronta priva di immagine. A Torino sono,inoltre, in mostra una serie di specchi ovali, rotondi, a tre scomparti. Chi si specchia alla giusta misura vivrà l’esperienza di specchiarsi nel volto, nelle rughe di Kacziba, che è riuscita con un gioco di rimozioni e sostituzioni, a fare apparire le pieghe d’oro nell’oggetto simbolo di vanità per eccellenza, ma anche di timore. Per realizzare gli specchi ha utilizzato degli antichi vetri, un po’ imbarcati, talvolta graffiati. Un parallelismo tra l’oggetto e il suo contenuto. «Lo specchio richiama anche l’onnipresente selfie, croce e delizia del nostro tempo: mi fotografo e dunque sono», così Madesani. Un mezzo per affermare se stessi, il proprio essere nei luoghi e nelle situazioni.
In mostra anche alcuni arazzi, realizzati con materiali già utilizzati nella sua ricerca, come la juta e la corda, montatisu telai di legno. L’esito sono pelli raggrinzite, indurite dal tempo, forse segnate dal sole; ad affascinarla sono la forma, la materia molto più del colore. In ognuno dei suoi lavori, che siano i ritratti fotografici, le rughe sul vetro e nello specchio, o le corde tessute, c’è l’artista stessa, con le sue esperienze, il suo vissuto, che giorno dopo giorno si afferma attraverso i preziosi, anche se fastidiosi, segni del tempo.
Andi Kacziba, nasce in Ungheria nel 1974 ha studiatoal Casus Kortárs Müvészeti Kollégium di Budapest e all’Istituto Europeo di Design di Milano e Venezia. Nel 1992 inizia la carriera di modella e successivamente di Art Director nel settore del fashion. L’osservazione e l’esperienza che Andi Kacziba fa in quegli anni, in merito alla trasformazione della donna, della sua bellezza, del suo corpo e della sua giovinezza in mero prodotto, il cui valore è misurato solo con il denaro, diverranno centrali nella sua ricerca artistica intrapresa a partire dal 1997, anno in cui si trasferisce a Milano.Andi Kacziba ha esposto in numerose mostre personali e collettive, all’Accademia d’Ungheria di Roma, al Museo Civico Pier Alessandro Garda a Ivrea, all’Istituto Italiano di Cultura di Budapes , al Fondation Suisse a Parigi e allo Studio Museo Francesco Messina di Milano dove ha realizzato, in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, un importante progetto site-specific e unamostra personale dal titolo “VÌOLA” .
Andi Kacziba
Turning (G)old
 Opening 3 luglio, 18.30 – 21.00
dal 3 luglio al 15 settembre 2018
Raffaella De Chirico Arte Contemporanea
Via Della Rocca, 19 I Via Giolitti, 52 10123 – Torino
www.dechiricogalleriadarte.com
[email protected]
martedì – venerdì 15-19 e su appuntamento al +39 3914560090
L'articolo ANDI KACZIBA. TURNING (G)OLD proviene da emanuelabernascone.com.
]]>